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Violetta, Margherita e le camelie: tutti i fiori de La Traviata

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view post Posted on 28/7/2013, 00:49     +1   -1
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Mamma di due splendidi bimbi e moglie a tempo pieno

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La magia dell'Arena di Verona si rinnova ogni anno e poter assistere alla messa in scena dei melodrammi entro la cornice spettacolare dell'anfiteatro romano è un'esperienza speciale.

La Traviata, tratta dal classico di Alexandre Dumas figlio La signora delle camelie, che fu prima un dramma, poi un romanzo; l'allestimento 2013 è affidato alla regia di Hugo de Ana e diretto dal giovane maestro Andrea Battistoni.

L'opera verdiana, andata in scena per la prima volta il 6 marzo 1853 al Gran Teatro La Fenice di Venezia, traspone in musica la vicenda di Violetta Valery (Marguerite Gauthier nel romanzo francese) e dialoga con il testo originario grazie all'intervento del librettista Francesco Maria Piave, in una strutturazione di tre atti in cui scene di dialogo e intimità si alternano a momenti di forte coralità, non sempre compenetrati con lo svolgimento del dramma.

Il melodramma si mantiene piuttosto fedele alla narrazione di Dumas: cambiano solamente i nomi dei personaggi e pochi particolari dell'intreccio (le circostanze dell'innamoramento fra Violetta e Alfredo Germont, la disfida al gioco e in duello fra il protettore della cortigiana e Alfredo e la riconciliazione fra i due amanti prima della morte di lei). Dopo la dichiarazione di Alfredo a Violetta nel corso del celeberrimo brindisi in casa della donna, infatti, la storia di Violetta si sovrappone quasi totalmente a quella di Margherita, ripercorrendo la nascita dell'amore, il breve periodo di convivenza felice fra gli innamorati, l'improvvisa e sofferta separazione cui la donna è mossa per l'intercessione del signor Germont, padre di Alfredo, e il peggioramento delle condizioni di salute della donna, logorata dalla tisi.
La bellezza e il trasporto del romanzo rivivono con un'intensità amplificata dalla musica e dalla perfetta commistione fra parole, suoni, gesti ed espressioni che solo il melodramma può creare: e l'emozione inizia non appena, nel suggestivo scenario areniano e sotto il cielo che, poco a poco, si fa scuro, si leva il suono degli strumenti che si accordano nella cavea. All'entrata del Maestro, il palcoscenico, caratterizzato da una scenografia molto particolare e ardita, che rievoca le forme della mobilia che Violetta è costretta a svendere per pagare i propri debiti, inizia a popolarsi di figure silenziose. All'atmosfera prima triste, poi sognante e delicata dell'overture si sostituisce in breve quella briosa e scanzonata della festa in cui si leva il coro Libiamo ne'lieti calici, i cui versi ricordano la canzone laurenziana del Trionfo di Bacco e Arianna, un inno alla giovinezza e al piacere dei suoi anni fugaci.




L'atto secondo ospita un radicale cambiamento di scena: non più Parigi, non più le sale affollate delle case cittadine, non più i corteggi di ipocriti, ruffiani e cortigiane, ma il rifugio campagnolo dei due amanti, la cui tranquillità, però, è presto rotta dall'arrivo di Germont, che, facendo appello all'amore di Violetta, la convince ad abbandonare l'amato per non distruggere l'armonia della sua famiglia, che rischia di cadere nella vergogna e nella sofferenza per la cattiva reputazione che la relazione di Alfredo getta sulla purezza della secondogenita, che rischia di essere per questo abbandonata dal promesso sposo. Si consuma così, con grande dolore per entrambi, la separazione che Violetta motiva con la falsa notizia del rifiorire del suo amore per il barone Duphol, suo protettore, per non insinuare inquietudini nel rapporto fra padre e figlio Germont e che la donna affida alla nota chiusa del suo serrato dialogo con l'amante:




La seconda metà dell'atto secondo è nuovamente ambientata a Parigi, nei saloni del gioco, dei piaceri e delle feste variopinte del barone Duphol, al quale Alfredo lancia una sfida mortale da cui il protettore di Violetta uscirà vivo, ma ferito. Solo dopo lo spiacevole episodio, Germont si decide a rivelare ad Alfredo i reali sentimenti di Violetta, ma ella, prima che il suo amante arrivi a porgerle l'ultimo, accorato saluto, ha già pronunciato il suo lamento di congedo dalla vita.




La Traviata è un'opera che, a differenza di altre punte di diamante del programma dell'Arena, come Nabucco o Aida, gioca più sulla sfera dei sentimenti privati e delle sofferenze quotidiane che su temi comunitari o su grandi affreschi di civiltà: il coro, che assume funzioni diversissime, dal popolo parigino alla compagnia di matadores e zingare fino ai mascheranti del carnevale, ha un ruolo di contorno che produce il particolarissimo effetto di isolare ancor di più Violetta, Alfredo e il loro amore tormentato.
 
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